Certe canzoni non invecchiano, semplicemente cambiano contesto, si adattano ai tempi e restano centrali nel nostro immaginario collettivo.
È il caso di “Figli delle stelle”, brano del 1977 firmato da Alan Sorrenti, che dopo quasi cinquant’anni continua a vivere una seconda, terza, forse quarta vita tra cinema, pubblicità, party e streaming.
Non è un caso che venga scelta oggi per accompagnare spot patinati, scene oniriche o evocative nei film, oppure per far ballare le nuove generazioni nei remix da club. È una canzone che, a modo suo, riesce a parlare ancora a tutti.
Fin dalle prime note è chiaro che si tratta di qualcosa di speciale: il giro di basso è ipnotico, preciso, irresistibile. I synth e gli archi creano un’atmosfera sospesa tra terra e cielo, tra dancefloor e sogno.
Sorrenti canta come se stesse planando, con quella voce un po’ liquida, quasi mistica. Il suono è disco-funk, ma con un’anima tutta italiana, più lirica, più esistenziale. È una hit da ballare, certo, ma anche da ascoltare in cuffia guardando il cielo dal finestrino di un treno.
“Figli delle stelle” è diventato nel tempo molto più di una canzone: è un concetto, una visione. È libertà, evasione, romanticismo senza costrizioni. “Noi non ci fermeremo mai per niente al mondo” dice il testo, e quel “noi” può essere una coppia, una generazione, o chiunque si senta fuori dagli schemi.
Il brano ha la forza di evocare leggerezza e profondità insieme, una rara combinazione che lo rende ideale per pubblicità che vogliono colpire il cuore senza appesantirlo, o per film che cercano una colonna sonora con vibrazioni sincere e immediate.
Alan Sorrenti, già autore sperimentale nei primi anni ’70, con questo brano ha firmato una svolta clamorosa: dall’introspezione prog alla luminosità della disco. Un cambiamento di pelle che oggi appare ancora più coraggioso e moderno. Eppure non ha mai rinunciato a una certa spiritualità nel suo approccio, come se anche la musica da ballare potesse contenere qualcosa di alto, di cosmico.
Negli ultimi anni, “Figli delle stelle” è ricomparsa ovunque: nei dj set, nei festival revival, nelle playlist nostalgia, ma anche nei remix, nelle versioni uptempo, persino su TikTok. È una di quelle canzoni che riescono ad attraversare le generazioni senza snaturarsi, senza sembrare una reliquia. È viva, pulsante, magnetica.
Forse è proprio questo il segreto della sua longevità. Non parla di un’epoca, parla di un desiderio. Quello di andare oltre i limiti, di volare, di appartenere a qualcosa di più grande. Che siano sogni, stelle o solo una notte d’estate in cui tutto sembra possibile. “Figli delle stelle” siamo tutti, almeno una volta nella vita. E ogni volta che parte quella musica, torna quella voglia di crederci.
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