Pierdavide Carone, dopo il buon successo di “Non ce l’ho con te” torna con il singolo “Ave Maria” in collaborazione con il Coro Lirico Siciliano.
Pubblicato il 4 luglio, il brano è un’opera che spicca non solo per la qualità musicale, ma per l’intelligenza narrativa e la profondità critica del suo testo. Non siamo di fronte a una semplice canzone, ma a una vera e propria invettiva poetica, travestita da preghiera, che scardina le ipocrisie contemporanee con ironia tagliente e disincantata lucidità.
Carone non scrive, cesella. E questa “sonatina allegrissima in Re minore” si inserisce perfettamente in una tradizione cantautorale che riflette su temi alti attraverso uno sguardo terreno e profano, ma mai banale. Il suo utilizzo dell’Ave Maria – uno dei testi più sacri della tradizione cristiana – non è dissacrante, bensì profondamente umano: la preghiera diventa rifugio e alibi, confessione e provocazione. È qui che l’artista mostra il suo talento.
Ridurre Pierdavide Carone a un “allievo di Lucio Dalla” è un’operazione semplicistica e fuorviante. Dalla, con cui Carone ha avuto l’onore e la responsabilità di collaborare (memorabile Nanì a Sanremo 2012), è stato senza dubbio un faro, ma oggi Pierdavide ha una voce artistica autonoma e riconoscibile. Definirlo una delle penne più ispirate della musica italiana contemporanea non è un’iperbole: è una constatazione che trova conferma in ogni suo lavoro recente, soprattutto in questo singolo.
In un panorama musicale dove la scrittura tende spesso a rincorrere il facile e l’orecchiabile, Pierdavide Carone continua a fare della parola la sua arma più affilata, e del dubbio una forma d’arte.
pierdavide carone e il gran ritorno (We Music)






