Gli AlterEgo si presentano: «Siamo quello che mancava nella musica italiana»

In occasione dell’uscita del loro singolo d’esordio, “Panico”, abbiamo intervistato gli AlterEgo, un promettente duo che unisce personalità diverse per creare qualcosa di unico.

“Panico” è il singolo che segna il debutto discografico del duo romano AlterEgo, composto da Asia Chanel Beniamina Gigli e Leonardo Albani.

Un brano che vuole trasferire in musica le sensazioni generate da un attacco di panico, un sentimento che parte dalla mente e si diffonde in tutto il corpo, fino ad arrivare al cuore (da qui la scelta della copertina che accompagna il singolo).

L’esplosività del ritornello è un invito ad affrontare il problema, mentre la scelta di suoni elettronici su un tappeto di strumenti classici e tradizionali nasce dalla volontà di creare uno stile nuovo, moderno ed orecchiabile.

Ascolta “Panico” al seguente link:

https://open.spotify.com/track/6RfhNKO9e1kRdo0DCoNlUu?si=4IqTjC6aR9uAD1IK9XCxRw

Asia e Leonardo sono due compagni universitari che dai banchi diurni de “La Sapienza” chiudono nel cassetto lo studio dell’ingegneria e nelle serate romane fanno vibrare all’unisono il loro AlterEgo musicale.

Asia, pianista classica, laureata presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Leonardo, cantautore one-man-band, suona la chitarra da autodidatta e si dedica alla scrittura di canzoni fin da quando è piccolo. Due anime antitetiche volte a un’unica passione, la musica, che li lega come duo e come coppia.

Gli AlterEgo hanno all’attivo diversi concerti nei locali di Roma, ma anche partecipazioni a importanti contest come il Tour Music Fest. Inoltre nel 2019 sono finalisti tra migliaia di partecipanti in tutta Italia del Premio Fabrizio De André 2019.

A qualche settimana dall’uscita di “Panico”, abbiamo parlato con Asia e Leonardo della loro storia, del loro progetto e di quello che vogliono trasmettere, per distinguersi.

Che emozioni avete provato al vostro debutto discografico?

Leonardo: È stato strano, sono emozioni che non saprei paragonare ad altre, ma è sicuramente stato molto bello.

Asia: Sì, è una cosa nuova. E quando fai uscire una canzone, soprattutto se è la prima, non sai bene come reagirà il pubblico. Sei lì e ti dici: «Questo è il nostro pezzo, ma adesso chi l’ascolterà mai?». Poi abbiamo ricevuto un sacco di complimenti e di feedback positivi, e questo ci ha fatto tantissimo piacere. Non ce lo aspettavamo, ma ci speravamo. Quindi siamo molto contenti!

Da cosa deriva la decisione di esordire con un brano che racconta le sensazioni generate da un attacco di panico? È un tema che vi sta particolarmente a cuore?

A: Sono io la causa di questa canzone (ride, ndr).

Innanzitutto l’idea era di portare una tematica che non fosse già stata affrontata da altri artisti. È un argomento piuttosto delicato e un problema abbastanza profondo, radicato nella mente e manifesto poi in tutto il corpo.

La copertina del brano prova a rappresentare proprio questo: è raffigurato un cervello unito ad un cuore da un filo spinato, proprio perché è un problema che va a colpire testa e corpo.

Io ho un po’ sofferto di attacchi di panico e di ansia, e ho descritto quello che provavo io quando arrivavano: praticamente resti paralizzato, senti che i pensieri prendono completamente il sopravvento sul tuo corpo… e perdi il controllo. Una persona ti può guardare e dire: «Non ti sta succedendo niente!». Però in realtà dentro di te sta scoppiando l’inferno.

Quindi abbiamo deciso di raccontarlo, e mentre le strofe vanno proprio a descrivere, in maniera abbastanza semplice, le sensazioni provate, il ritornello, più energico, vuole trasmettere positività, forza, un senso di ripresa e la voglia di reagire al problema. Non volevamo fare una canzone negativa o triste.

Effettivamente il racconto nelle strofe è particolarmente nitido: riuscite a far entrare l’ascoltatore in quello che state descrivendo, come se fosse il suo corpo. Nelle strofe di Asia si sente la conoscenza dei sintomi generati da un attacco di panico. È stato difficile riaffrontarlo e scriverne, o invece è stato addirittura terapeutico?

A: In generale la musica è catartica! Devo dire che non è stato difficile, e ormai è una cosa che più o meno riesco a gestire. Adesso so controllare quello che succede, per cui posso raccontare precisamente quello che ho provato senza provarlo più.

Abbiamo deciso di fare la canzone perché tante persone soffrono di ansia, stress, panico… ed è una cosa di cui non si parla! Quindi abbiamo deciso di parlarne noi.

Invece la parte di Leonardo, più incalzante e quasi parlata, è maggiormente concentrata sul lato psicologico: la consapevolezza di avere un problema di difficile risoluzione, la frenesia di trovare una via d’uscita che in quel momento non si vede…

L: La forza del duo è il poter esprimere lo stesso concetto in modi differenti. Il panico è una problematica provata da molte persone: ci sono quelli che risentono dei sintomi fisici dell’attacco di panico, ma ci sono anche quelli che soffrono esclusivamente di problemi di ansia e stress, che coinvolgono più la parte psicologica, di cui parlo io.

Tutta la canzone è stata scritta al maschile, anche la parte cantata da Asia. Abbiamo deciso così per generalizzare e fare in modo che tutti potessero rispecchiarvisi.

Musicalmente voi fondete un pop cantautorale con suoni elettronici che fanno da sfondo agli strumenti tradizionali e alle armonie delle vostre voci. Come siete giunti all’idea di dare quest’impronta al vostro progetto?

L: Siamo sicuramente partiti dagli strumenti classici, tra l’altro con due formazioni, percorsi e mondi totalmente opposti, quasi paralleli! Ma ci siamo incontrati in un punto. Anche per questo ci chiamiamo AlterEgo.

Io sono sempre stato un autodidatta e, rispetto alla teoria, ho sempre dato maggiore importanza alla scrittura e all’esprimere quello che volevo tramite semplici accordi suonati con la chitarra.

A: Io ho avuto decisamente un’altra formazione, totalmente classica: sono laureata in pianoforte al Conservatorio e ho fatto un percorso di studi serioso e lungo.

Io e Leonardo studiamo ingegneria insieme all’università, ma i primi anni non ci è mai venuto in mente di provare a suonare insieme: eravamo talmente diversi da essere convinti che non avrebbe mai funzionato. E invece una volta abbiamo provato e scoperto che laddove uno dei due aveva delle lacune, l’altro le colmava. I nostri punti deboli insieme sono diventati i nostri punti di forza.

Per quel che riguarda le armonizzazioni, io le ho sempre amate! Quando abbiamo iniziato a suonare insieme, ci siamo buttati sulle canzoni a due voci proprio per favorire questo elemento.

Invece, la scelta di legare strumenti elettronici e classici deriva dalla volontà di fare una cosa innovativa, che non fosse già eccessivamente in circolazione, e di mantenere allo stesso tempo la nostra origine, gli strumenti veri e propri, il pianoforte e la chitarra. Abbiamo cercato di mixare le due cose, e anche le nostre personalità, per fare un genere nostro, identificabile come quello degli AlterEgo.

Ci sono degli artisti che vi hanno ispirato nella scelta di questo percorso?

L: Guardiamo principalmente all’estero, però anche lì in realtà non è facile trovare qualcosa che si avvicini a quello che vogliamo sviluppare con il nostro progetto. Non troviamo degli artisti o delle band che siano troppo aderenti a quello che facciamo noi. Questo è soprattutto un bene, però rende anche più difficile trarre spunti e idee.

Gli ultimi album di Billie Eilish ci piacciono molto e ci hanno colpito perché uniscono perfettamente la musica alla sensazione che vuole esprimere la canzone. Questo è un concetto che noi cerchiamo di riportare anche nella nostra musica: il testo e la musica non devono essere degli elementi scollegati, ma si devono adattare a vicenda.

In Italia, invece, abbiamo apprezzato tantissimo l’ultimo album de La Rappresentante di Lista, “Go Go Diva”, che secondo noi è molto molto originale a livello di sonorità. Non è roba già sentita: è particolare e fuori dal coro, e noi vorremmo fare qualcosa del genere.

A: Sì, noi diamo molta importanza all’approccio e al concetto, all’idea, al pensiero che si vuole esprimere. È questo che rende qualcosa Bello, al di là del genere.

Mi sembra di capire che voi siete una coppia anche al di fuori della musica. Cosa è nato prima, il progetto AlterEgo o la vostra storia?

A: Qui tocca svelare la verità (ride, ndr).

Sì, siamo una coppia anche fuori, ma è nato prima il nostro progetto musicale. Anzi, a voler fare un po’ di gossip su di noi, io e lui non ci stavamo nemmeno esageratamente simpatici all’inizio. È stata veramente la musica che ci ha fatto conoscere e ci ha unito tantissimo.

L: Sì, nonostante fossimo insieme tutti i giorni nella stessa aula, per due anni buoni non ci siamo proprio filati.

A: Poi un giorno, dal nulla, ci siamo detti: «Va beh, proviamo a suonare insieme!»

L: Ricordo che abbiamo fatto “Shallow” di Lady Gaga e Bradley Cooper: lui suonava la chitarra, lei il piano… era perfetta! Non pensavamo in grande, ci siamo solo divertiti un sacco.

Quindi abbiamo continuato e sono nate le prime due canzoni. Dopodiché abbiamo provato ad un concorso, è andato bene e abbiamo addirittura suonato all’Auditorium Parco della Musica di Roma per la finale del Premio Fabrizio De André 2019.

Le cose sono venute da sole, piano piano. Nessuno si aspettava niente, poi abbiamo fatto uscire anche questo brano e… speriamo che vada avanti così!

Come funziona il vostro processo artistico? Scrivete entrambi?

L: Sì, scriviamo entrambi, sia la musica che le parole.

A: Nasce tutto in maniera spontanea: ci dividiamo il lavoro, ma non a tavolino. A uno dei due magari viene il ritornello, l’altro aggiunge le strofe, poi qualcuno inizia il testo e l’altro lo continua, ma senza regole fisse.

L: L’unica cosa forse un po’ più precisa è che, nel 90% dei casi, della parte di strofe che canta lei il testo lo scrive lei.

Avete qualche opportunità di suonare in giro quest’estate?

L: Con i live penso ripartiremo da settembre/ottobre, con più calma. Adesso stiamo cercando di strutturare un concerto che ci permetta di riprodurre tutti i suoni elettronici e di riproporre tutto quello che facciamo. Sfrutteremo questo tempo per provare e per prepararci ad un live fatto bene. Non appena saremo pronti, a inizio autunno, ripartiremo sicuramente.

Per poter avere una resa migliore delle canzoni, avete pensato di portare anche altri musicisti sul palco con voi o preferireste fare solo voi due?

L: Non ci abbiamo ancora pensato in realtà. Forse sì, forse no, ma dipenderà anche dal tipo di palco che calcheremo.

A: Secondo me sarebbe meglio se riuscissimo ad essere autonomi e a fare tutto noi due. Potremmo continuare a suonare i nostri strumenti e gestire i vari synth delle nostre canzoni con il PC e con il pad. Però dobbiamo lavorarci su e capire fino a che punto possiamo spingerci, se riusciamo a fare tutto da soli o se abbiamo bisogno di un’altra persona di supporto… Stiamo valutando.

Invece quali sono i prossimi passi del vostro percorso discografico?

L: Al 90% a settembre uscirà un nuovo singolo e sarà il brano che abbiamo portato alla finale del De André.

A: Speriamo che “Panico” ci porti fortuna per il futuro e ci apra la strada verso cose sempre più belle!

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