Presentata la nuova stagione del Teatro Ghione di Roma: si parte venerdì 6 ottobre con ‘A casa di Nathalie’ di Alessandro Capone

Ufficializzato il cartellone della stagione 2017/2018 del Teatro Ghione di Roma. Le rappresentazioni cominceranno il 6 ottobre prossimo e termineranno il 20 maggio.  Tutta la programmazione sarà accessibile anche a spettatori non vedenti e non udenti grazie ad un sistema di traduzione del contenuto della messa in scena, già utilizzato da qualche anno. Appuntamento in Via delle Fornaci n. 37.

A seguire le schede tecniche singole messe in scena.

A CASA DI NATHALIE

Dal 6 al 22 ottobre ’17

scritto e diretto da Alessandro Capone

Con Giorgio Lupano, Francesca Valtorta, Giampiero Mancini, Rubén Rigillo, Rossella Infanti

“A CASA DI NATHALIE” racconta la prima lettura a tavolino di un nuovo testo teatrale che vede coinvolti sei attori, un regista e un intruso…L’intuizione geniale dell’autore è stata quella di mostrare al pubblico cosa c’è dietro una rappresentazione teatrale, spesso più esilarante della commedia stessa… divertimento vissuto solo da chi il teatro lo fa ma mai dal pubblico che assiste solo al risultato finale.

Altrettanto vero è che anche la prima lettura fatta a tavolino di un testo che dovrebbe andare in scena in realtà presenta spunti e situazioni che possono diventare esilaranti soprattutto per chi non ha idea di cosa ci sia dietro la nascita di una commedia…

Naturalmente sarà dura arrivare a leggere il testo che verrà continuamente interrotto da polemiche, dinamiche personali, gelosie, pause caffè e sigarette sul terrazzo, trasformando la lettura in un’esilarante seduta degna di una terapia di gruppo delirante… fino a quando…

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RECITAL

Dal 24 0ttobre al 5 novembre ‘17

Di Gianfranco Jannuzzo e Renzino Barbera

Con Gianfranco Jannuzzo

 

Ho sempre cercato di raccontare gli italiani attraverso l’uso dei nostri dialetti, convinto, come sono, che essi abbiano, per la loro naturale immediatezza, spontaneità, ricchezza di sfumature, una forza di comunicazione straordinaria e che rivelino, quasi sempre, il carattere, l’intima indole di chi li adopera: Veneti, Calabresi, Liguri o Campani che siano. Siamo tutti orgogliosi di essere Lombardi o Lucani , c’è sempre in tutti noi tanto sano campanile, ma alla fine siamo semplicemente orgogliosi di essere Italiani.

“Recital” è uno spettacolo nel quale accanto a quelli che considero i miei

“cavalli di battaglia” presento alcuni brani inediti. Racconto la mia Sicilia, così come l’ho vissuta e conosciuta; la Sicilia che ho imparato ad amare grazie all’amore che ne avevano e ne hanno i miei genitori.

Una Sicilia allegra e amara, spensierata e triste, meravigliosa e spietata,

solare e introversa, indolente e attiva. Isola, forse, ma sicuramente Ponte per mille culture.

La Sicilia ricca, fertile e ubertosa di Federico II “Stupor Mundi “e la Sicilia umiliata, ferita e vilipesa delle stragi e dei caduti” Orror Mundi”

E raccontando la Sicilia racconto gli italiani che con il nostro straordinario senso dell’ umorismo sappiamo ridere di tutto e di tutti e soprattutto, cosa ancora più importante, di noi stessi.

Gianfranco Jannuzzo

 

 

GLI ONESTI DELLA BANDA

dal 7 al 19 novembre ‘17

di Diego De Silva e Giuseppe Miale Di Mauro tratto dalla sceneggiature de “la Banda Degli Onesti” di Age e Scarpelli

regia Giuseppe Miale Di Mauro, con ivan Castiglione, Francesco Di eva, Giuseppe Gaudino, Irene Grasso, Adriano Pantaleo, Luana Pantaleo e con a partecipazione di Ernesto Mahieux

 

«Abbiamo deciso di ritornare a una tematica che ci appartiene – racconta Giuseppe Miale Di Mauro – , torniamo a occuparci di camorra, ma tenendo ferma la necessità di ricercare altri codici, più moderni e meno realistici. Così abbiamo pensato che la leggerezza potesse essere un modo nuovo di affondare l’occhio nel reale, di raccontare i meccanismi malavitosi che attanagliano la società, facendo in modo che il pubblico percepisse certe dinamiche come universali. La strada della commedia brillante ci è sembrata rispondere a queste esigenze e per fare in modo che la nostra commedia mantenesse uno spessore anche di indagine sociale, abbiamo chiesto ad grande scrittore come Diego De Silva di collaborare al progetto. Il nostro Gli onesti della banda, riprendendo uno dei testi più famosi della tradizione comica, ripercorre le difficoltà del precariato moderno, mostrando come anche le persone oneste possano trovarsi invischiate nei meccanismi di camorra, loro malgrado, vittime e carnefici ad un tempo.

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L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA…E ALTRI STRANI CASI

dal 22 novembre al 3 dicembre ‘17

Di Luigi Pirandello – adattamento e regia Patrick Rossi Gastaldi – con Edoardo Siravo, Patrick Rossi Gastaldi, Stefania Masala, Gabriella Casali

 

I tre personaggi che Siravo si presterà a giocarne la tragedia hanno una cosa in comune: la follia che ognuno di loro sceglie ed affronta con percorsi e patologie diverse.

All’avvocato, o professore de “La cariola” nasce una “atroce afa della vita” che gli rende insopportabile l’esistenza quotidiana sinora condotta. Il re ovvero Enrico IV, del quale mai ci viene svelato il nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è vittima, non solo della follia prima vera e poi simulata, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli piace, essendo ormai stritolato dal ruolo fisso del pazzo.

L’uomo dal fiore in bocca, invece, è un condannato a morire, follia della vita, e per questo medita sull’esistenza con urgenza appassionata. E’ uno come tanti, che vive una vita convenzionale senza porsi il problema della notte. E’ per assurdo il contrario dei due personaggi del Re e dell’ Avvocato.

Farà da scena una magica notte stellata che cambierà umore e clima seguendo con amara ironia le ossessioni delle tre maschere pirandelliane.

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MISERIA E NOBILTÁ

dal 12 dicembre’17 al 7 gennaio’18

Di Edoardo Scarpetta riscrittura e regia Giuseppe Miale De Mauro- con Francesco Procopio e Antonio Grosso più cast in via di definizione

 

Fa impressione pensare che un testo scritto 130 anni fa possa ancora parlare al contemporaneo, possa raccontare delle questioni che appartengono al nostro vissuto. Può sembrare una banalità, ma è davvero proprio questa la forza dei classici, testi che attraversano il tempo e restano sempre attuali. Miseria e Nobiltà può tranquillamente essere annoverato tra i grandi classici del teatro italiano senza nessun rischio di smentite. Per questa versione 2.0 partiremo dalla drammaturgia originale di Scarpetta senza farci influenzare dalla versione cinematografica di Totò che essendo una trasposizione si prende delle libertà necessarie al diverso linguaggio scenico a cui è destinata. Il testo di Scarpetta, di suo, è un contenitore pieno zeppo di possibilità, a rileggerlo si trovano dentro cose che erano sfuggite, anche perché – in verità – per alcuni testi classici vince il macrotesto venuto fuori dalle varie messinscena succedutesi nel tempo. Nel rispetto più totale, proveremo a non ispirarci, né tantomeno farci influenzare dalle numerose edizioni di grandi successo di questo meraviglioso testo, per tentare di dare una lettura tutta nostra che sia figlia di un monito Eduardiano cui tenderà il nostro lavoro: «Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra». 

 

IL FU MATTIA PASCAL

DAL 9 AL 21 GENNAIO 2018

Dal romanzo di Luigi Pirandello, regia Claudio Boccaccini, adattamento Eleonora di Forunato e Claudio Boccaccini, con Felice Della Cort e cast in via di definizione

Mattia Pascal, dissipata l’eredità paterna e vittima di una vita matrimoniale insopportabile, vince insperatamente una somma considerevole alla roulette. Mentre è di ritorno a casa, deciso a riscattarsi, scopre di essere stato identificato nel cadavere di un suicida. Decide allora di cogliere l’occasione per abbandonare l’identità di Mattia Pascal, cui associa l’idea di fallimento esistenziale, e di adottare il nome di Adriano Meis, con il quale iniziare una nuova vita. Dovrà però fare i conti con i limiti di un’esistenza al di fuori delle convenzioni sociali: non possedendo documenti, non può denunciare i torti che gli vengono fatti, né sposare la donna di cui si è innamorato. Frustrato da questa condizione, decide di rinunciare anche alla nuova identità, stavolta inscenando lui un suicidio. Ma, tornato a casa, il redivivo Mattia Pascal è escluso anche dalla sua vecchia vita, che è andata avanti senza di lui. Svanita l’illusione di poter raggiungere la felicità liberandosi dalle convenzioni sociali, non gli resta che constatare di essere nient’altro che il “fu Mattia Pascal”.

La versione di Claudio Boccaccini – reduce dal successo del fortunato adattamento di “Così è se vi pare” – tocca temi di grande importanza e attualità: l’impossibilità per l’uomo di determinare la propria esistenza e la frantumazione dell’identità in una società che dimentica, sostituisce e procede senza pietà per gli individui.

L’EBREO

Dal 30 gennaio all’11 febbraio ‘18

Di  Gianni Clementi, regia Paolo Triestino, con Paola Tiziana Cruciani, Paolo Triestino, Bruno Conti

 

L’EBREO, ovvero come difendere tragicomicamente ciò che ci appartiene, o pensiamo ci appartenga. Gianni Clementi dirige questa volta la sua fertile penna verso gli anni ’50, quando il Boom era ancora lontano e la guerra ancora vicina.

Una coppia non più giovane si ritrova, a seguito delle leggi razziali, a disporre di un patrimonio non loro. L’ebreo del titolo, ovvero il legittimo proprietario, potrebbe tornare da un momento all’altro anche se tutto, Storia o semplice ragione, fanno presumere il contrario. E così…

Due attori di lunga militanza “Clementiana”, Paola Tiziana Cruciani e Paolo Triestino (insieme a Bruno Conti), ci racconteranno questa storia davvero inconsueta, esilarante e cattiva, poetica e graffiante e che ci farà riaprire gli occhi su pagine della nostra storia a volte dimenticate.

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SE QUESTO È UN UOMO 

dal 13 al 25 febbraio ‘18

Dall’opera di Primo Levi, regia Daniele Salvo, cast in via di definizione

 

La nostra realtà quotidiana è fatta di illusioni, immagini preconfezionate, profonde convinzioni, sogni a buon mercato. Viviamo quotidianamente l’illusione dell’identità. Costruiamo carriere, rincorriamo posizioni sociali, crediamo di “essere” qualcosa o qualcuno, pensiamo di lasciare un segno

nella Storia con le nostre azioni, coltiviamo il nostro misero “ego”,

discutiamo di politica, di opportunità, ci sentiamo superiori, dispensiamo giudizi, ci agitiamo al caldo delle nostre case e delle nostre famiglie. Ci “intratteniamo” pensando di “ingannare il tempo”.

Noi, fortunati abitatori del ventunesimo secolo.

Tra il 1940 e il 1945 alcuni uomini sparirono improvvisamente nel gorgo della Storia. Erano uomini comuni, di razze, lingue, provenienze diverse.

Uomini che da un giorno all’altro, senza alcuna avvertenza, vennero gettati violentemente nella realtà allucinante di Auschwitz, Birkenau, Mauthausen, Buchenwald e di molti altri Lager nazisti, nel cuore di quella che oggi è la moderna Europa. Di loro non restò nulla, di molti non si seppe più nulla.

Cosa significa oggi, 70 anni dopo, affrontare ancora una volta lo sterminio nazista ed interrogarsi sui motivi e sulle ragioni storiche che portarono l’umanità al periodo più buio della sua storia? In periodo di revisionismo, memoria a breve termine, canzonette, fiction televisive, teatro d’intrattenimento, pornografie performative, reality show ed eroi di un giorno, incontrare la voce di Primo Levi, porta a profonde riflessioni sul senso della nostra vita. In anni di conformismo, viltà, superficialità, vuoto di intenti ed ideali, in anni in cui i “giovani” vengono strumentalizzati, piegati al mercato, ridotti a consumatori senza personalità, la testimonianza di Levi parla direttamente alle nostre coscienze, ci scuote violentemente, mette in campo sentimenti ed emozioni private e profondissime.

Molti uomini in quegli anni morirono per noi, per assicurarci un futuro possibile, una speranza di civiltà. Noi oggi, frivoli abitatori del nostro tempo, noi, convinti che la LIBERTA’ sia qualcosa di certo o scontato, abbiamo una immensa responsabilità, dobbiamo assolutamente mantenere una promessa scritta con il sacrificio e il sangue.

Con la distanza del tempo non dobbiamo, non possiamo dimenticare e ci permettiamo di entrare nella stanza di Levi, in punta di piedi e con estrema attenzione e profondo rispetto, tentando di restituire alle sue memorie l’inaudita umanità e la straordinaria forza della sua voce perduta. Voce sincera e potente che ci porta direttamente ed inavvertitamente nel cuore del Novecento, al centro del petto di chi è stato offeso ed umiliato.

Daniele Salvo

 

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L’IDEA  DI  UCCIDERTI

27 febbraio 11 marzo ‘18

Scritto e diretto da Giancarlo Marinelli, con Fabio Sartor, Caterina Maurino e con Paolo Lorimer, Francesco Maccarinellli, Francesca Annunziata e la partecipazione straordinaria di Paila Pavese

 

Mi sono ispirato a una storia vera. Vera non nella tragedia qui scritta. Ma nei presupposti che avrebbero potuto condurre a quella tragedia. Nella realtà nessuno ha ucciso nessuno. Almeno non fisicamente. E però, fuori da ogni ipocrisia, lo devo ammettere: ascoltando chi me l’ha raccontata, per un attimo, mi è balenato lo spettro. Che è il titolo di questo lavoro. L’idea di uccidere. Sono un uomo “femminista” dalla nascita: adoro le donne; mi sveglio la mattina, per incontrare una donna; scrivo e dirigo pensando sempre alle donne. Non ho mai alzato un dito contro una donna. E mai lo farò. Eppure, immedesimandomi nel protagonista di questa storia, quello spettro è affiorato. Capiterà anche al pubblico che assisterà allo spettacolo. E mi odierà, e si odierà per questo.

In verità, non intendevo scrivere un testo sul “femminicidio” al contrario, o, peggio, sul “maschicidio”. Volevo raccontare una storia sull’amore come arma di distruzione di massa. Sull’amore come trappola mortale. Sull’amore che dovrebbe essere la negazione di ogni luogo comune. E che invece diventa il più comunemente letale dei luoghi comuni.

Volevo mettere in scena una storia capace di spaventare il pubblico come quando si legge in un giornale di una possibile epidemia, di un virus che potrebbe colpire tutti: “E se capitasse anche a me?”.

La risposta non c’è. Non può esserci. Ché il Teatro non si occupa mai del vaccino. Ma solo del contagio.

Giancarlo Marinelli

 

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DOPO IL SILENZIO  

dal 13 al 18 marzo 2018

Scritto da Francesco Niccolini e Margherita Rubino, tratto dal libro “Liberi tutti” di Pietro Grasso, regia Alessio Pizzech, con Sebastiano Lo Monaco, Elisabetta Pozzi, Turi Moricca

 

Dopo la significativa esperienza di Per non Morire di mafia, tratto dall’omonimo libro,  è ora la volta di Dopo il Silenzio. Una nuova avventura teatrale, questa, una scrittura autonoma che vede la collaborazione tra una figura come Pietro Grasso ed uno dei più interessanti drammaturghi italiani, Francesco Niccolini. Un testo questo che vede la luce, per giunta, in uno scenario politico e sociale, rispetto a due anni fa, sempre più costantemente disorientante in cui con una velocità sorprendente tutto è divorato : dai contenuti culturali, fino alle informazioni di carattere scientifico e tecnologico.

A fronte di tanta velocità massmediatica, di tanto urlo, di tanto disagio emotivo e materiale che travolge i cittadini di questo nostro amato e ferito paese, il teatro può essere sempre di più portatore di storie, creando le condizioni per conoscere e quindi per poter decidere sul proprio destino sociale e privato.

Per questo mi è sembrato importante accogliere l’invito di Sebastiano Lo Monaco e di Margherita Rubino, inesauribile fonte di energia e architetto del progetto, a proseguire in un cammino teatrale che ci veda artisticamente assieme nel portare avanti un organico ragionamento intorno alle parole ed al pensiero di Pietro Grasso.

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LE NOTTI BIANCHE 

dal 20 al 25 MARZO 2018

Dal romanzo di F. Dostoevskij, adattamento e regia Francesco Giuffrè con Giorgio Marchesi e un’attrice da definire

 

LUI. Il sognatore. E’ impossibilitato alla quotidiana banalità della vita.

LUI sogna, immagina, si interroga sulla vita mentre gli altri invece vivono.

LUI è un diverso. Se ne rammarica. Vorrebbe essere come gli altri, presi dai ritmi della vita, senza il tempo di porsi delle domande ma non riesce a stare dietro ai ritmi del quotidiano.

LUI si è costruito un mondo solitario, lento, fatto però di mille cose. Conosce le persone che incontra senza parlarci mai davvero, eppure con un ognuno ha una specie di rapporto, costruito nellasua testa.

LEI. Nasten’ka. Aspetta. Vuole scappare dalla vita che la sta schiacciando. LEI non può e non ha il coraggio di farlo da sola. Aspetta l’uomo che le promise, un anno prima, di tornare a prenderla per portarla via.

LEI è innamorata o forse si è dovuta innamorare per avere una possibilità di scappare.

LEI, nonostante tutto è forte. Forte nei confronti della vita che l’ha messa a dura prova.

Queste due esistenze una notte si incontrano per caso. Per quattro notti le loro vite si incontreranno, si racconteranno l’uno all’altra.

LUI: Allora domani ci riconteremo qui e ci racconteremo le nostre vite!

LEI: Si, però innanzitutto un patto!

LUI: Un patto? Va bene, acconsento a tutto!

LEI: Non dovete mai innamorarvi di me!

LUI: Lo giuro!

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WAR GAME 

dal 5 al 22 aprile 2018

Scritto e diretto da Guido Governale, Veruska Rossi e Riccardo Scarafoni, con gli attori della Compagnia OmneArtes

 

Sette bambini. Una cameretta. Un gioco virtuale. Un obiettivo da raggiungere.

Nelle quattro mura di casa un divertimento come tanti. Niente è reale.  Fino a che le emozioni…

Non piu’ bambini ma ragazzi. Non piu’ lontani dalla realtà ma vicini.

Non piu’ pigiami da notte ma tute mimetiche.

La guerra vista dagli occhi dei bambini. Dagli occhi dei ragazzi. Un gioco che sembra distante ma non lo è. Guido Governale e Veruska Rossi, affiancati da Riccardo Scarafoni, confermano il loro lavoro di anni sulla tematica infantile e adolescenziale.

Una storia che parla d’ amore, di paure, di individualità, di condivisione.

War Game

 

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TERRONI- Centocinquan’anni di menzogne

dal 24 al 29 aprile ‘18

Dal libro di Pino Aprile, diretto e interpretato da Roberto D’Alessandro

 

La verità sulla questione meridionale nello spettacolo amaramente ironico tratto dal saggio di Pino Aprile.

Dalle cronache locali delle battaglie fra piemontesi e Borboni attraverso 150 anni di verità taciute, la ‘controstoria’ dell’Unità d’Italia spiega le reali ragioni della questione meridionale. Spettacolo per narratore e musiche, tratto dall’omonimo saggio di Pino Aprile.

“Ciao! Io sono il Nord” “Ciao! Io sono il Sud” l’incontro fra le due metà d’Italia è evidentemente uno scontro fra due mondi lontani, due realtà che procedono a velocità diverse e forse anche in direzioni diverse. L’elenco dei luoghi comuni sui meridionali è lungo e fa sorridere anche, perchè in parte è veritiero, ma non è questo il punto. Il punto è capire il perché di questa distanza ormai oggettivamente abissale. E proprio in questo 150° anno dall’Unità d’Italia si deve constatare che il grande squilibrio trova origine appunto in una “malaunità”.

Questi sono i presupposti su cui si basa lo spettacolo di Roberto D’Alessandro e il libro di Pino Aprile da cui questo è tratto. Un excursus attentamente documentato attraverso la storia d’Italia, non quella proposta dai libri di scuola, ma quella taciuta dalla storiografia ufficiale. Una “controstoria” fatta di saccheggi, stupri, repressioni di ingiustificata violenza e lunghi anni di scientifico sfruttamento economico da parte di un Nord che fonda la propria ricchezza sulla povertà di un Sud. E l’amara, inevitabile conclusione è che la questione meridionale, chiaramente, rimane un problema insoluto da 150 anni solo perché non lo si è voluto risolvere.

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MURATORI

dal  3 al 20 maggio 2018

Di Edoardo Erba, regia Massimo Venturiello con Paolo Triestino e Nicola Pistoia

 

Due muratori sono al lavoro, di notte, per chiudere con un muro il palcoscenico di un teatro in disuso. Siamo a Roma, e l’area è stata ceduta al supermercato confinante che deve ampliare il magazzino. MURATORI è una commedia dove si lavora e si parla di lavoro, della condizione, delle aspettative, dei sogni e delle amarezze di chi lavora. Ma è anche un inno d’amore al teatro, un irresistibile ritratto di due perdenti, comico, imprevedibile, delicato e poetico. Lo spettacolo, divenuto un vero e proprio “cult”, è giunto all’ottava stagione di repliche. Alla esasperata concretezza dell’azione portata avanti dai due muratori si contrappone il misterioso disegno di una aristocratica figura femminile quasi irreale. Due mondi diversi, due dimensioni incomprensibili che un interminabile muro vorrebbe tenere separate.. Ma è davvero sufficiente alzare un muro per mettersi al riparo dalle nostre diversità?

 

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